21 Settembre 2016

Ledear religiosi islamici, ebrei, induisti, cristiani e buddisti si sono incontrati questa settimana ad Assisi per discutere di pace, mentre al di là dell’oceano, a New York leader mondiali politici riuniti dalL’ONU hanno messo a fuoco i problemi del mondo sconvolto.

Dal 18 al 20  settembre si è svolta la conferenza interreligiosa intitolata: «Sete di Pace:  fedi e culture in dialogo», che ha radunato circa 450 leader religiosi, organizzata ad Assisi dalla Comunità di sant’Egidio, nel trentesimo anniversario della prima "Giornata mondiale di preghiera per la pace", inaugurata da papa Giovanni Paolo II.

Fra i partecipanti c’era il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), Olav Fykse Tveit, e altri leader del movimento ecumenico come il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, l’arcivescovo emerito  Anders Wejryd , presidente del CEC per l’Europa  e l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.

Papa Francesco ha partecipato alla cerimonia di chiusura della Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi nel pomeriggio del 20 settembre.

Citando Matteo 5,9: «Benedetti gli operatori di pace» Francesco ha detto:

«Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto.  […].

Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza non è per noi motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia,  […].

Pace significa accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto. Pace vuol dire collaborazione, scambio vivo e concreto con l’altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore ».

 

Le radici dell’estremismo religioso

Tveit ha partecipato anche a una tavola rotonda sull’estremismo religioso intitolata: «Terrorismo: una negazione di Dio»

« Nessuno può rivendicare il nome di Dio per usare il terrore o la violenza , ha detto Tveit. Il terrore è una bestemmia contro Dio, nostro Creatore, che ha creato tutti noi ugualmente a immagine di Dio. Il terrore è peccato contro altri esseri umani, contro la sacralità della vita, e quindi contro Dio. […]

L'ideologia sottostante quegli attacchi è una miscela di giustificazioni politiche, culturali e sicuramente religiose della violenza. Un fattore chiave è la negazione della umanità degli "altri" che diventano il bersaglio».

«Il terrore non è una questione di figure o immagini, riguarda noi come esseri umani. Tutti possiamo diventare le vittime del terrorismo - ha detto  raccontando di come lui stesso sia sfuggito all'attacco terroristico a Bologna il 2 agosto 1980 e che cosa abbia ricordato quando ha letto la lista dei nomi nelle nuove stazioni di Bologna anni più tardi -. Non ho potuto rispondere alla domanda perché dovrei vivere io e non gli altri di quella lista. Ho potuto solo rispondere alla domanda: 'Cosa posso fare?' La mia risposta è stata quella di studiare per diventare un pastore, di utilizzare la mia vita al servizio di Dio e di tutta l'umanità, condividendo il Vangelo, che lavora per la giustizia e la pace».

Nel terrorismo, Tveit ha osservato, «Le dimensioni trascendenti, di trasformazione e olistiche della religione sono ridotte a una ideologia totalitaria che giustifica e si impone in modo distruttivo e non accetta alcuna responsabilità per i rapporti che dà la vita al di là del proprio gruppo e anche nel proprio stesso gruppo come entità collettiva».

Ma le religioni stesse sono parte del problema, ha insistito. «Dobbiamo essere critici e autocritici.  Ci deve essere spazio per l'auto-critica e il pentimento, per l'immaginazione costruttiva che apre le porte alla guarigione e alla riconciliazione e alla presenza vivificante di Dio che rinnova tutta la vita», ha concluso citando il Salmo 118: 17: «Non morirò, ma vivrò, per raccontare le opere del Signore».

Tveit ha partecipato anche a una tavola rotonda  sulla disuguaglianza economica, riflettendo su come il crescente divario di reddito e della ricchezza è al centro di molti problemi in tutto il mondo.

Il programma completo della conferenza comprendeva le presentazioni dei premi Nobel Jody Williams degli Stati Uniti e Tawakkul Karman dello Yemen, insieme a un pranzo con i rifugiati siriani.

 

 Un ecumenismo della misericordia

Nel corso dell’ omelia durante una Messa nel giorno finale della conferenza, Papa Francesco ha detto: «Il nostro cuore è il cuore di un uomo o una donna di pace. E al di là delle divisioni di religione: tutti, tutti, tutti! Perché siamo tutti figli di Dio. E Dio è il Dio della pace. Non c'è dio della guerra. Colui che fa la guerra è il male; è il diavolo che vuole uccidere tutti».

Collegando la ricerca ecumenica per l’unità a quella per la pace, l’arcivescovo Wejryd ha parlato su «l'Unità dei Cristiani: l'ecumenismo della Misericordia»,  ha sottolineato che i cristiani oggi facilmente possono impegnarsi insieme in missione «anche in queste aree del mondo che siamo soliti chiamare la cristianità».

 Wejryd ha detto, inoltre, che Efesini 4 parla di unità già realtà dovuta a un solo Padre a un sol battesimo «e nessuno di noi cristiani può essere tranquillo finché possiamo onestamente e con tutto il cuore celebrare insieme e condividere l’Eucaristia».

 

 Precondizioni di pace

Nel suo intervento, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha detto che la pace «ha bisogno di un paio di pietre miliari per mantenerla anche quando è in pericolo».

«Non ci può essere pace- ha aggiunto - senza rispetto e riconoscimento reciproco.  Non ci può essere pace senza giustizia; non ci può essere pace senza proficua collaborazione fra tutti i popoli del mondo»

Bartolomeo ha detto che l'umanità ha bisogno di essere in grado di riflettere su che cosa è sbagliato e di che cosa non si è preso cura, «perché i fondamentalismi sono aumentati, minacciando non solo il dialogo con gli altri, ma anche il dialogo all'interno di noi stessi, nella nostra propria coscienza».

Bartolomeo ha ricevuto, durante la conferenza,  una laurea honoris causa in relazioni internazionali dall’Università per stranieri di Perugia

L’arcivescovo anglicano Justin Welby, in una cerimonia di preghiera ecumenica, ha svolto la sua riflessione sul malinteso del mondo di oggi che il denaro renda uno ricco.

«Noi pensiamo  noi stessi ricchi - ha detto - I nostri soldi e la nostra ricchezza sono come il denaro giocattolo in un gioco per bambini: si possono acquistare merci nelle nostre economie umane, che sembrano così potenti, ma nell'economia di Dio è inutile. Siamo veramente ricchi quando accettiamo la misericordia da parte di Dio, per mezzo di Cristo nostro Salvatore ».

I partecipanti hanno rilasciato un appello per la pace affidato ai bambini; prima della sua lettura sono stati ricordati, in ordine alfabetico, tutti i luoghi nel mondo vessati da guerre e conflitti e poi sono state accese delle candele, una in rappresentanza per ogni espressione religiosa presente.

 

Intervento di papa Francesco

Appello per la pace 2016

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