Comunicato stampa n.3

Nel primo panel della sessione di formazione ecumenica del Sae iniziata lunedì al Monastero di Camaldoli, due interventi hanno esaminato il tema della 60a edizione dal punto di vista biblico e teologico.
Athenagoras Fasiolo, vescovo di Terme, vicario per il nord Italia della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia del Patriarcato ecumenico, ha contestualizzato il tema della creazione nell’antichità greca e romana, nelle Scritture ebraiche e nella Chiesa nascente con particolare riferimento ai Padri della Chiesa. Il suo intervento si è concluso con esemplificazioni sul rapporto di monaci e asceti con gli animali e le piante, e con le preghiere della Chiesa per l’ambiente.
Mentre il mondo antico sviluppa una religiosità legata all’ambiente naturale a volte divinizzandolo, e ha un rapporto di utilità con esso, ha spiegato, il mondo biblico presenta la consapevolezza di una relazione tra il creato e il suo Creatore. Nella Genesi viene espressa una teofania creativa lontana dal panteismo. L’essere umano, ultimo soggetto a essere creato, è a immagine di Dio e indissolubilmente legato alla terra. «L’azione umana del nominare gli animali evoca quella divina della creazione e instaura il legame di responsabilità: Dio è responsabile per la creazione che ha chiamato all’esistenza, così l’essere umano diviene responsabile degli esseri viventi a cui ha dato un nome». I Santi Padri, ha proseguito Fasiolo, «hanno sviluppato l’insegnamento sull’ambiente, interpretando l’insegnamento dell’Antico e del Nuovo Testamento e ponendo Cristo al centro della creazione. La prospettiva escatologica della creazione viene costantemente sottolineata e, nello stesso tempo, ricorda che in questo cammino verso le cose ultime, la creazione cammina insieme all’uomo». L’insieme degli insegnamenti dei Padri apostolici, della Cappadocia e dell’epoca bizantina considera il rapporto dell’essere umano con la creazione guardando all’eschaton, come afferma Paolo nella lettera ai Romani (Rom 8,19-23). Mentre ciò che è materiale è soggetto al tempo e ha una fine, questa fine per i Padri della Chiesa è la fine della sua decadenza. «La verità e la prospettiva della Resurrezione dell’uomo e dell’intera creazione è forse il messaggio ecologico più grande e forte che la Chiesa può offrire al mondo», ha sottolineato il vescovo.
Della liturgia ortodossa ha spiegato il legame tra la contemplazione di Dio, la bellezza dell’azione divina e la benedizione di Dio. L’acqua è un elemento molto importante nelle Scritture e nell’azione liturgica, e anche negli aspetti del culto che fanno vivere la cosiddetta “liturgia dopo la liturgia” entrano a far parte, nei vari tempi liturgici, elementi naturali: i frutti della terra e del lavoro umano nel rendimento di grazie per quanto ricevuto: il pane, il vino, l’olio, i latticini, i rami di palma, la frutta.
Concludendo con le parole del teologo Zizioulas, Athenagoras ha affermato che la creazione necessita di una promozione dell’ethos eucaristico, «che sottolinea il nostro ruolo e la nostra missione come sacerdoti della creazione che l’hanno ricevuta in dono da Dio e che a loro volta sono chiamati a restituirla al donatore come qualcosa di sacro» e dell’ethos ascetico, così terribilmente necessario per contrastare lo spirito di avidità e di consumismo che è la vera causa della nostra crisi ecologica».
Il teologo Simone Morandini, del Comitato esecutivo del Sae, ha proposto un vasto e articolato excursus su un nuovo modo di confessare il Creatore nelle diverse confessioni cristiane a partire dagli anni ’70 del Novecento. In quel periodo è avvenuta una svolta esegetica, teologica e culturale che il teologo ha mostrato rifacendosi a testi precedenti situati negli anni ’60, sia cattolici sia protestanti. In essi è evidente una concezione di dominio dell’essere umano sul creato e una distanza dagli altri esseri viventi. La natura è vista come una cosa, finalizzata all’essere umano e disponibile ai suoi interventi. Il cambiamento, ha detto Morandini, inizia a profilarsi «sulla spinta di una varietà di istanze - dal dialogo interreligioso al confronto coi saperi scientifici - ma soprattutto per l’interrogazione posta dalla sfida ecologica che spinge a ripensare l’etica sociale anche interrogando la lettura della Scrittura «in un percorso che coinvolgerà uomini e donne di confessioni diverse, di culture diverse, di provenienze geografiche e culturali diverse, tra le quali l’eco-teologia della liberazione a partire da Leonardo Boff e il contributo eco-femminista».
Le nuove letture portano a nuove consapevolezze, ad esempio il fatto che «dire Creazione è ben più che dire natura, perché a questo termine si aggiunge il riferimento chiave a un essere dell’ordine dell’amore, secondo una logica di dono e di gratuità».
Il teologo vede emergere soprattutto «la confessione del Creatore quale componente imprescindibile dell’architettura della nostra fede: come potremmo parlare di risurrezione se essa non fosse operata da colui che è all’origine della vita stessa? Come potremmo davvero sperare per il cosmo e per la terra se in essi non operasse fin dall’inizio Colui in cui si radica ogni speranza? Per questo oggi, pur consci della delicatezza ermeneutica dell’affermazione, confessiamo con forza rinnovata – nel Tempo del Creato del 1° settembre, ma non solo – “Credo in Dio creatore del cielo e della terra”».
Re-imparare a confessare il Creatore, ha affermato Morandini, non è solo un ritorno all’inizio, in quanto l’orizzonte è cambiato e la Scrittura cresce con il lettore. «Dobbiamo assumere la coscienza della nostra parzialità di lettori situati, ma anche capaci di assumere - da contesti sempre nuovi - spunti per comprendere sempre meglio le prospettive del testo». Nelle conclusioni il teologo ha lasciato ai partecipanti delle domande: «Come vivere della natura in forma sostenibile, con quella lungimiranza provvidente che Dio usa nei confronti nostri e della terra? Come orientare le nostre esistenze personali e la vita assieme in tal senso? Come essere davvero custodi – e non satana della terra? Come la nostra lettura delle Scritture ci impegna, ci illumina, ci sostiene in tale compito? Le nostre risposte non potranno essere ingenue, nel senso del mero ritorno all’antico: non si tratta di guardare ad un’origine ormai perduta, ma di imparare a declinare nello spazio della fede biblica un’attiva speranza, per la storia e per la creazione, per il mondo della vita tutta».