Comunicato stampa n.7
Alla sessione di formazione ecumenica del Sae, in corso al Monastero di Camaldoli, è intervenuto con la relazione “Sostenibilità tra economia ed ecologia” Enrico Giovannini, ordinario di Statistica economica e sviluppo sostenibile all’Università di Roma Tor Vergata, già ministro e presidente dell’Istat. Co-fondatore e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), Giovannini è partito leggendo il preambolo dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, documento dell’Onu realizzato in due anni di negoziazioni e ultimato a settembre 2015, articolato su 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, strutturati su 169 target specifici alla cui stesura Giovannini ha collaborato.
«Credo che l’Agenda 2030 sia il punto più alto nella storia dell’umanità in cui l’umanità ha detto che tipo di mondo vuole costruire. Nonostante le loro distanze 193 paesi hanno raggiunto un accordo». I sottoscrittori del documento immaginano un mondo libero dalla povertà, dalla fame, dalla malattia, libero dalla paura e dalla violenza, con l’accesso equo e universale ai beni comuni, all’acqua, a un cibo accessibile e nutriente, con insediamenti umani sostenibili. Con il rispetto universale per i diritti umani e la dignità, la giustizia, l’uguaglianza di genere.
Secondo il relatore, l’Agenda 2030 «è la Laudato sì, la Fratelli tutti, è il documento in cui si è descritto il mondo che vogliamo. Di fronte a tutto questo la domanda è: i cristiani dove sono? Stanno realizzando questo? Si stanno impegnando ogni giorno? O riteniamo che queste parole siano chiacchiere dei politici negoziate a livello internazionale? Il futuro che vogliamo c’è, ma non l’abbiamo riconosciuto; mi riferisco in particolare alle Chiese. Eppure papa Francesco aveva anticipato a maggio la pubblicazione della Laudato si’ per cercare di convincere paesi riottosi a firmare gli accordi di settembre e gli accordi di Parigi. Il paradosso è che l’enciclica rappresenta un riferimento straordinario per il mondo non ecclesiale e non per le Chiese».
Dopo gli Accordi di Parigi del dicembre 2015, ricorda l’ex ministro, il mondo ha cominciato a considerare seriamente questi temi: «Ci sono state tante iniziative nel mondo, poi sono arrivate la pandemia, l’aggressione russa, l’inflazione, la crisi energetica, e venti contrari stanno respingendo il mondo indietro. La fame è aumentata, le disuguaglianze crescono a causa delle nostre scelte. E noi? Vogliamo ancora credere che quello è il futuro che vogliamo?».
La sfida che abbiamo davanti, ha continuato, «è la connessione tra il mondo che vogliamo realizzare e quello a cui noi siamo chiamati, e questo luogo magico di Camaldoli ci aiuta non solo a scoprire dove sbagliamo, ma anche a capire come cambiare insieme. Questi giorni sono una risposta forte al fatto che Gesù Cristo ci ha detto: “Vi riconosceranno dall’unità”; l’unità sui grandi sistemi su cui lavorare e sul mondo che vogliamo realizzare. La domanda è come si fa a contribuire a realizzare il futuro possibile, quella terra permessa e non solo la terra promessa che è nelle mani del Signore».
Finito l’incarico all’Onu, il docente è tornato all’Università. «Quel pezzo di me che, leggendo un libro che diceva che tra il 2020 e il 2030 ci sarebbe stato il caos, decise di fare l’economista, ha detto “devo fare qualcosa”: mettere insieme associazioni, sindacati, terzo settore, Università, Comuni attorno al testo dell’Agenda 2030. Oggi sono quasi trecento. Il paradosso è che l’articolo 3 del Trattato di Lisbona dell’Unione europea include gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030: la promozione della pace e della giustizia e delle protezioni sociali, la lotta all'esclusione sociale e alle discriminazioni, l’impegno per la parità di genere, la solidarietà tra le generazioni. È un articolo per cui sono fiero di essere europeo. L’Agenda 2030 è frutto dell’Unione europea. Abbiamo portato in tutto il mondo il sogno dell’Unione europea e molto hanno lavorato i cristiani che apparentemente non si distinguono dagli altri. La questione non riguarda solo la politica, ma anche le imprese. C’è il rischio che i venti contrari costruiscano un mondo molto diverso da quello dell’Agenda 2030».
Giovannini ha lasciato tre suggerimenti per le realtà che si vogliono impegnare nel tentare il cambiamento prospettato: la rendicontazione, che i paesi firmatari dell’Agenda 2030 hanno dovuto adottare, uno strumento che si è rivelato una scoperta di senso e un contributo allo sforzo comune; la connessione con i soggetti laicali che condividono le stesse lotte e l’attenzione ai giovani impegnati per la giustizia climatica ai quali le chiese possono offrire riferimenti ai loro valori.
Infine Giovannini ha ricordato due passi importanti nella ricerca di quel futuro prefigurato dall’Agenda 2030: l’introduzione nella Costituzione italiana dei temi della Laudato si’ attraverso l’articolo 9 sulla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, e il cambiamento dell’articolo 41 – l’attività economica è libera ma non può svolgersi contro la natura e l’ambiente – che ha portato nella Carta costituzionale la dottrina sociale sulla destinazione universale dei beni.