Comunicato stampa n.13

L’ultimo panel della Sessione di formazione ecumenica del Sae che si è conclusa sabato al Monastero di Camaldoli, era dedicato al tema “Etica e pratiche di responsabilità”, ed è stato affrontato da don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei (Unpsl), e da Dorothee Mack, pastora protestante che ha vissuto diversi anni a Milano e ora risiede e opera a Karlsruhe, in Germania.
Rifacendosi all’enciclica Laudato si’ e all’esortazione Laudate Deum, il docente di teologia morale ha presentato i pilastri di un’etica della responsabilità ecologica, «che richiede un perenne approfondimento». La riflessione ha ripreso il concetto bergogliano di «antropocentrismo situato» come superamento di quell’antropocentrismo dispotico che ha portato gli esseri umani a una visione dualistica, basata sul dominio, e a pratiche esclusiviste, di distanza e di sfruttamento degli altri esseri viventi. «La vita umana è incomprensibile senza le altre creature. C’è una continua interazione tra ambiente e umanità e tutte le creature si possono comprendere solo nelle loro molteplici relazioni costitutive. Uomo e creato devono pensarsi come unicum, un tutt’uno: le scelte che facciamo su un fronte ricadono sull’altro, la trascuratezza di un elemento impatta sull’altro, la valorizzazione dell’uno porta benefici all’altro».
La trasformazione che dobbiamo operare riguarda la cultura e lo spirito. La visione olistica su cui insiste papa Bergoglio era già nei Padri della Chiesa e in san Francesco, ha detto Bignami citando dei passi dei loro scritti. «C’è bisogno di coinvolgere i diversi fronti della vita umana: la politica, la finanza, il lavoro, l’urbanistica, l’agricoltura, l’industria, il commercio, il turismo, la fede religiosa, l’educazione, la ricerca scientifica, l’uso delle tecnologie, la produzione energetica».
Dopo queste premesse, il relatore si è soffermato in primo luogo sulla casa comune come spazio relazionale e di cura. «Ogni proposta di sostenibilità non può non tenere conto della relazione, in quattro livelli: il rapporto con Dio, con i fratelli e le sorelle, con l’intero creato, con noi stessi; senza dimenticare la solidarietà tra generazioni, perché “tutto è connesso”». La cultura della cura, in secondo luogo, è accoglienza della fragilità, sostiene Bignami. «È importante perché noi siamo capaci di cura, di bellezza; lo dice questo luogo immerso nella natura. Laudato si’ afferma che tutto questo è uno sguardo, uno stile di vita, una spiritualità, una politica diversa. In fondo è l’accettazione del limite. Tra la cultura della cura e la cultura dello scarto la differenza la fa il fatto che nella cultura della cura tu accetti il limite: il limite tuo, delle risorse, del pianeta. Non è un caso che stiano progettando di andare su un pianeta B: è una garanzia per chi può permetterselo. Dietro c’è una questione di giustizia sociale, non solo di pianeta possibile».
Il lavoro della cura mette al centro le reti comunitarie, e rifiuta il paradigma tecnocratico che non accetta il limite, ha continuato il direttore dell’Unpsl. «In questa visione non ogni aumento di potere è un progresso per l’umanità. Da Cartesio – “penso dunque sono” – a Marion – “amo dunque sono” – ci sono due orizzonti completamente diversi: non la divisione tra soggetto e soggetto, che è devastante, ma la capacità di amare, che riconosce il valore della persona».
Bignami ha poi presentato le pratiche di responsabilità della comunità cristiana in atto tra i cattolici e non solo. «Torna il tema della speranza, perché se c’è una cosa che le Chiese devono fare oggi è offrire parole di speranza e invitare alla speranza. L’essere umano, come mostra la Bibbia, nel riconoscimento del dono è in grado di avere cura della fragilità dell’altro. Come Chiesa cattolica italiana nel 2006 abbiamo istituito la Giornata nazionale del Creato dentro al Tempo del Creato che va dal 1° settembre al 4 ottobre. La Cei ha creato da tempo il gruppo “responsabilità verso il creato” che nel 2021 si è rinnovato prendendo la denominazione di Tavolo di studio “Custodia del creato”, nel quale da qualche tempo sono entrati anche alcuni ortodossi e riformati». Per realizzare l’ecologia integrale della Laudato si’ è stata promossa la nascita delle Comunità energetiche rinnovabili, «che sono una fonte energetica ecologica e democratica, perché non solo evitano il ricorso alle fonti fossili, ma responsabilizzano le persone, le famiglie e le comunità nella produzione e nel consumo di energia. Danno voce alle istanze locali: si pensi alle possibilità future per le aree interne, che spesso soffrono isolamento e abbandono». Ci sono poi il Progetto Policoro, sul tema dell’economia e del lavoro; la Giornata del Ringraziamento per i frutti della terra, e la Giornata del Mare, dedicata ai marittimi e al mare.
Dorothee Mack, che nel 2023 ha contribuito all’organizzazione della XI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Karlsruhe, ha sottolineato le attitudini della fede che aiutano a custodire la terra. La prima è la gratitudine: «La responsabilità per il creato non inizia con l’imperativo etico, ma con l’indicativo della fede: Dio ti dona la vita ed è il tuo Creatore. Il nostro agire non parte dalla paura, ma dallo stupore per la bellezza e la bontà del creato. La gratitudine verso il Creatore ci spinge ad agire a favore del creato». La seconda è una visione globale: «La Chiesa non vive solo nella dimensione locale, ma anche in quella globale. Siamo chiamati a pregare e ad agire a favore delle sorelle e dei fratelli colpiti dal cambiamento climatico. A evidenziare l’ingiustizia e a incamminarci verso la giustizia climatica. Le Chiese hanno il compito di essere messaggere tra le varie parti del mondo». La terza attitudine è la sufficienza: abituarci a vivere con non più del necessario per vivere, come ci dicono l’episodio della manna e delle quaglie nel deserto (Es 16), il Padre nostro, l’esempio di Valdo e Francesco; uscire dall’ottica della crescita continua che non porta al “buon vivere”. E poi far crescere il senso di comunità: «La fede cristiana ci porta dentro a una comunità di sorelle e di fratelli che si sostengono a vicenda anche nelle responsabilità individuali e nell’affrontare il cambiamento. Praticare la narrativa di speranza che è insita nella fede cristiana, essere “organizzatori di speranza”».
La pastora ha ribadito l’importanza di ammettere il fallimento e la colpa: una società senza questa dimensione si appiattisce e produce un ottimismo del progresso che porta alla distruzione. Il Cec parla di “peccato ecologico”. Non occorre solo ammettere la colpa individuale ma anche denunciare il peccato strutturale. Alle Chiese è poi chiesto di ascoltare il grido dei poveri e di alzare la voce in difesa di chi non può parlare: gli animali, le piante, le persone colpite dal cambiamento climatico.
Dorothee Mack ha poi illustrato come la Chiesa evangelica del Baden, di cui fa parte, sta vivendo la sua responsabilità verso il creato. Tra le pratiche di quelle comunità, nel 2004 c’è stata «l’istituzione di una certificazione ecologica chiamata Gallo verde, una sorta di Emas per le Chiese. Si può predicare anche attraverso la certificazione! Noi compriamo diversamente, nell’ambito dell’ecologico, del fair trade e del sociale. Sette Chiese evangeliche regionali tedesche e due diocesi cattoliche fanno partenariato con negozi che vendono computer riciclati ed elaborano consigli per organizzare feste comunitarie sostenibili. Nel campo dell’energia sostenibile, nel sud ovest della Germania due diocesi e due chiese evangeliche regionali hanno creato un fornitore di energia senza scopo di lucro. Le Chiese non sono clienti ma partner. Nel 2023 il Sinodo della Chiesa del Baden ha riscritto le linee guida sulla responsabilità per il creato. Il 26 aprile 2023 la Chiesa del Baden ha istituito una legge ecclesiastica per la promozione della protezione del clima, retroattiva dal 1° gennaio. L’obiettivo è il raggiungimento della neutralità di CO2 entro il 2040 per le persone giuridiche della Chiesa evangelica del Baden.
L’impegno è anche nell’ecospiritualità attraverso l’istituzione di una Quaresima climatica che richiede attenzione e sobrietà nel campo dell’alimentazione, della mobilità, della finanza e della politica. «Come Chiese siamo chiamate a non essere esclusive e arroganti, però esemplari; a metterci in rete con tutte le persone di buona volontà, ad adottare verso la Terra atteggiamenti concreti e di speranza».