Un filo rosso che ha percorso la settimana del Sae a Camaldoli sono stati i momenti contemplativi declinati in preghiere, celebrazioni ecumeniche, liturgie confessionali e meditazioni. A preparare e svolgere i primi due moduli e a concorrere al terzo è stato il gruppo interconfessionale “animazione preghiera e liturgia” al cui interno c’erano veterani, di confessione cattolica – Alessandro Martinelli, Margherita Bertinat ed Elda Possamai –, e due nuove presenze: la pastora Dianet Martinez Valdés e il pastore Giuseppe De Simone, membri dell’Unione delle Chiese evangeliche battiste in Italia e sposi.
La struttura liturgica delle preghiere e delle celebrazioni ecumeniche, svolte nel piazzale antistante la chiesa del monastero, era cadenzata sui sette giorni della Creazione, abbinati ai diversi colori del simbolo dell’Alleanza di Dio con Noè e l’umanità intera. Nell’ultima celebrazione ecumenica, introdotta e conclusa dalla danza ebraica Hineh ma tov (Com’è bello, Salmo 133), che ha condotto l’assemblea all’accoglienza dello Shabbat, Dianet Martinez Valdés ha riflettuto su tre elementi del simbolo dell’arcobaleno: non si possono vedere tutti i colori dell’arcobaleno che è uno spettro continuo, in cui un colore si trasforma in un altro; l’arcobaleno può apparire anche di notte e si chiama arco lunare; è impossibile vederne la fine perché la variazione dipende dalla distanza e dall’angolo in cui si trova. Le tre caratteristiche dell’arcobaleno, ha proseguito, ci aiutano a comprendere questo segno dell’alleanza di Dio con il creato. Dio sceglie un simbolo con più colori che tiene conto della pluralità della creazione e delle sfumature che si originano: così come non riusciamo a vedere tutte le gradazioni di colore, noi non riusciamo a vedere le creature più piccole. Ci sono anche infinite storie che non possiamo conoscere, però sappiamo che sono parte della meravigliosa creazione di Dio che dobbiamo abitare e celebrare. La luce di Dio può raggiungere anche l’oscurità della nostra vita come l’arco notturno solca il cielo, e riempirla di speranza attraverso la sua promessa d’amore. Infine, così come non possiamo vedere la fine dell’arcobaleno, non ci è possibile vedere il futuro, ma possiamo costruire ogni giorno il Regno di Dio con responsabilità, vivendo con fede e con fiducia in Dio che guida ogni passo successivo del cammino e che si muove con noi nella speranza». Poi sette giovani hanno srotolato i sette teli colorati utilizzati ognuno giorno per giorno, e li hanno uniti a formare l’arcobaleno, esprimendo sette invocazioni:
- Possa Dio illuminare le nostre vite con la sua luce
- Possa Dio placare la nostra sete con la sua acqua
- Possa Dio far germogliare speranze nuove nelle sue creature
- Possa Dio orientare i nostri cammini verso un mondo ecosostenibile
- Possa Dio farci celebrare la nostra unità nel suo amore
- Possa Dio aiutarci a essere una comunità giusta di uomini e di donne
- Possa Dio guidarci nella cura e nella protezione di ogni sua creatura
In ogni momento celebrativo, animato dal libero piccolo coro della sessione che ha sostenuto il canto dell’assemblea, sono state invocate la liberazione dall’oppressione, il compimento della giustizia sociale e di genere, la trasformazione del mondo, la fine dell’economia di morte e di guerra, il riscatto dei poveri.
I monaci di Camaldoli hanno sempre condiviso come comunità le celebrazioni della sera. Si è pregato anche nelle modalità delle singole confessioni. Nella chiesa è stato celebrato il Vespro ortodosso, presieduto da Athenagoras Fasiolo, vescovo di Terme, membro dell’Arcidiocesi ortodossa d’Italia, che ha tradotto dalla lingua greca bizantina in italiano “Il grande Vespero della Santa e grande Chiesa di Cristo per la salvaguardia del Creato”. Nell’omelia ha ricordato l’origine della Festa della Creazione del 1° settembre, istituita dal Patriarca ecumenico Dimitrios dopo la visita nel 1987 in Russia dove vide l’abbassamento del lago di Aral a causa del cambiamento climatico. L’attenzione del Consiglio ecumenico delle Chiese su pace, giustizia e salvaguardia del creato era già viva, poi le altre Chiese ortodosse aderirono progressivamente all’iniziativa del Patriarcato ecumenico, e si unirono anche diverse Chiese protestanti e diverse Conferenze episcopali cattoliche, e poi l’intera Chiesa cattolica.
Nel Culto di Santa Cena, presieduto dalla pastora valdese Gesine Traversari, in servizio a Venezia, il sermone ha stabilito un parallelismo tra albero ed essere umano anche prendendo spunto dal profeta Geremia (Ger 17,5-8), dal Salmo 1 e dal libro del Deuteronomio (Dt 20,19). Viviamo questo momento con gioia, preoccupazione e senso di colpa, ha detto la pastora. Tutti siamo parte della creazione, gli alberi hanno diritto di vivere. Per loro stessi, non perché sono utili. Piantare alberi è uno dei compiti che troviamo nella Bibbia. In guerra la legge deuteronomica proibisce la distruzione degli alberi. Siamo anche noi una specie di foresta piantata nel battesimo.
Don Giuliano Savina, direttore dell’ufficio nazionale Ecumenismo e dialogo interreligioso della Cei, ha presieduto la Liturgia eucaristica cattolica. «Le Chiese cristiane sono chiamate a ritornare ad ascoltare insieme la Parola, così come siamo chiamati ad ascoltare insieme la Torà con la Comunità giudeo-cristiana – ha detto nell’omelia -. La Parola è una lama a doppio taglio, ci tocca il cuore. Se ci lasciamo ferire qualcosa accade. Il discernimento è farsi bruciare dalla Parola che arde. La fiamma è il bruciare dell'amore di Dio. Ci vuole il coraggio di rispondere; noi non ce l’abbiamo, ma sappiamo che ce lo dà lo Spirito che brucia nella nostra vita e ci fa tuoi discepoli».
La serie delle meditazioni mattutine è stata inaugurata da una voce ebraica, quella di Sandro Ventura, della Comunità Shir Hadash di Firenze, affiliata alla Federazione italiana per l’ebraismo progressivo (Fiep). La sua meditazione si è ispirata al Cantico dei Cantici includendo spiegazioni sulla storia e la struttura del testo, che è stato inserito dopo molte perplessità nel canone ebraico, e l’interpretazione di alcuni passi. Ventura ha anche celebrato l’accoglienza dello Shabbat, un rito della tradizione ebraica che è costituito dall’accensione di due candele per mano femminile, da canti e dal kiddush, la benedizione sul pane e sul vino. L’assemblea ha assistito a questo momento importante nella vita ebraica che inaugura il giorno del riposo, in memoria del riposo del Creatore al termine della sua opera.
Nelle meditazioni della settimana si sono alternati il presbitero ortodosso Gheorghe Verzea, la pastora battista Cristina Arcidiacono e il teologo cattolico Brunetto Salvarani. Una meditazione è stata svolta a gruppi; tra i coordinatori c’erano diversi giovani.