Stiamo entrando nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che si aprirà venerdì prossimo.
Le previsioni metereologiche annunciano per i prossimi giorni neve e gelo in molte parti d'Italia, e c'è da sperare che le condizioni avverse del tempo non scoraggino dalla partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che si tengono ormai in ogni città. Celebrazioni che non richiamano generalmente grandi folle di credenti dalle nostre chiese, dove la sensibilità ecumenica fatica ancora a prendere piede, ma che sono il vero centro, il fuoco che scalda dai rigori invernali, se vissute nella fede, oltre l'ufficialità. La settimana è il momento propulsore di un impegno che trova radice nel comune ascolto della Parola, nella sempre rinnovata obbedienza alla volontà del Padre manifestata in Cristo; nell'invocazione fiduciosa, infine, di una grazia che ci trascende, per non dimenticare, assorbiti dai nostri buoni progetti ecumenici, che l'unità dei cristiani è dono dello Spirito Santo. La settimana “è un vero e forte segno di amore e di speranza, di aiuto spirituale e morale”, come ci ricordano nel sussidio i rappresentanti delle tradizioni storiche del cristianesimo, il metropolita Gennnadios, il vescovo Mansueto Bianchi e il pastore Massimo Aquilante.
Ma ancor prima voglio ricordare la giornata del dialogo ebraico- cristiano, il 17 gennaio, che simbolicamente precede la settimana e che va a d essa sempre ricollegata, anche quando si spostino ad altra data celebrazioni e incontri (cosa che, per motivi contingenti, non di rado avviene). Il rapporto con l'ebraismo rimane per noi cristiani il fondamento, perché la prima grande divisione da sanare è quella tra chiesa e sinagoga. Il SAE potrà essere voce critica per le chiese anche per uscire da alcune ambiguità tuttora presenti, a livello teologico ed ecclesiologico, nel rapporto con gli ebrei: ambiguità che nella prassi pastorale lasciano spazio, ad es., a una “teologia della sostituzione” che forse si credeva superata (e di cui si è ampiamente parlato al recente Convegno di Camaldoli, v. il bell'articolo di Meo Gnocchi sull'ultimo SAEnotizie). Occorre che i cristiani maturino una diversa autocomprensione rispetto a Israele, e anche questo rientra tra gli obiettivi di impegno della nostra associazione.
Il tema della settimana, dunque: “Quel che il Signore esige da noi” riprende Mi.6,6-8, passo che poi espliciterà il modo del discepolato autentico, ma che qui nella sua formulazione rimane forse volutamente indistinto, quasi a dire che dobbiamo vivere in costante discernimento del nostro atteggiamento interiore e in un ascolto profondo della realtà che ci circonda. Ci è chiesto innanzitutto uno sguardo di verità su noi stessi: ci è chiesto di domandarci che cosa vuole il Signore da noi sapendo che ogni giorno Egli vuole una rinnovata risposta al suo amore. E questo amore si nasconde nelle pieghe della storia: Dio si rivela a noi e ci sollecita attraverso gli uomini, nostri fratelli, e attraverso le situazioni del mondo: forse il vero dialogo ecumenico non sarà più tanto in futuro il dialogo interecclesiale fra le diverse tradizioni cristiane, quanto il dialogo in cui i cristiani e le chiese di ogni confessione e continente sapranno affrontare insieme, in spirito radicalmente evangelico, cioè non conforme alla mentalità del “mondo”, i grandi temi e problemi che investono l'uomo del nostro tempo. Qui si colloca l'impegno etico delle chiese, quel “praticare la giustizia” che il profeta Michea ancora una volta ci richiama, e che è stato anche il tema della nostra ultima Sessione.
A questo proposito, mi fa piacere dirvi che, grazie al grosso lavoro, preciso e sempre tempestivo di Clara Cesarini, che calorosamente ringrazio, abbiamo già a disposizione gli Atti di Paderno 2012, freschi di stampa: leggerli, diffonderli e magari regalarli, può essere un modo per aiutare l'ecumenismo, mantenendo allenati la mente e il cuore a confrontarsi su un tema, la giustizia, che sarà anche il leit- motiv, insieme alla pace, della prossima Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese. La decima assemblea, convocata a Busan, in Corea del Sud, dal 30 ottobre al 10 novembre avrà infatti per titolo:“ Dio della vita , guidaci verso la giustizia e la pace”. Ed è significativo anche che questa sia l'invocazione che chiude la preghiera di ogni giorno della settimana di preghiera 2013: possiamo cercare di farla nostra, in modo che ci accompagni in quest'anno e ci renda in qualche modo partecipi in spirito a un evento ecumenico mondiale che ha bisogno di essere sostenuto anche dalla nostra preghiera e dal nostro cammino con il Signore. La metafora del cammino, poi, guida tutta questa settimana, articolandosi in otto tappe: camminare in dialogo, come corpo di Cristo, verso la libertà, come figli della terra, come amici di Gesù, oltre le barriere, nella solidarietà, nella celebrazione.
Forse in questo nuovo anno, che porterà senz'altro delle novità anche al cammino del SAE, chiamato ad un confronto interno nel Convegno di Primavera, potremo tenere presente queste tappe come altrettanti appelli rivolti a ciascuno di noi e alla nostra associazione. Nello schema per la preghiera della settimana c'è poi un invito che possiamo fare nostro: rinnovare “la nostra chiamata alla speranza e al cambiamento” scambiandoci, nella celebrazione, un germoglio, che simboleggia novità di vita. Questo significa avere fiducia nelle possibilità di vitalità, di testimonianza, di perseveranza nelle prove, di capacità di aprirci alla rinascita anche dopo insuccessi, cedimenti o errori: la speranza fondata in Dio, la gioia di poter trarre vigore dal suo Amore.