L’idea di discepolato - ha detto Noffke - nasce in contrapposizione al Tempio, in quanto simbolo della religione comune, o, nella migliore delle ipotesi, per completarlo. Sono i profeti di YHWH ad introdurre l’idea per cui la religione comune sincretista non va bene; sono sempre loro a criticare violentemente i monarchi d’Israele per la loro ingiustizia e per le loro prevaricazioni.
Sono sempre loro, poi, ad introdurre l’idea di un “resto santo” che non ha piegato il ginocchio davanti ai baalim.
La predicazione dei profeti si concentra sul culto a Dio solo e sulla giustizia sociale.
Nella Bibbia non troviamo un manuale di etica, ma un insieme di esortazioni e di indicazioni legate a situazioni molto specifiche e all’impostazione teologica di ciascun singolo autore.
Data la complessità del cristianesimo delle origini, particolarmente complessa è anche la questione del discepolato di Gesù, perché di fatto questo si espresse in molti modi differenti.
Paolo esprime il discepolato con il verbo imitare.
La lettera ai Romani ha assonanze con la Regola della Comunità di Qumràn. Il discepolato si concentra sul comandamento dell’amore, che riassume tutta la legge. Significa per Paolo vivere la parola della croce, per la quale dà indicazioni, ma non delle norme specifiche.
Significa vivere in umiltà, dono di sé, seguire Gesù, il Cristo, anche fino alla morte, ossia farsi come lui, che ha dato la sua vita per la salvezza dei molti.
Discepolato è rappresentato nei vangeli dall’idea di sequela, 261 volte solo nei quattro Vangeli e in Atti - discepolo è colui che segue (cf Mayer, Gesù. Un ebreo marginale) si caratterizza come itineranza e povertà, per un legame personale con Gesù, più che con il suo insegnamento. E una sequela a vita, perché questo trasforma radicalmente l’esistenza, in maniera totalmente coinvolgente.
Le discepole (cf Maria Luiga Rigato, Discepole di Gesù, 2011) si inseriscono in una chiamata di tipo profetico, per testimoniare la parola di Dio al popolo, in linea con una tradizione profetica ebraica antica.