Sul tema della creazione Bondolfi ha formulato delle sfide cui sono sottoposte tutte le teologie cristiane.
La prima è interna alla teologia: quando le fonti bibliche parlano di creazione, ne parlano in un contesto semitico e non greco, quindi la dottrina della creatio ex nihilo è frutto dell’ellenizzazione del cristianesimo. Mentre le sfide di oggi sono legate all’immagine scientifica del mondo, in particolare della teoria dell’evoluzione.
Questa non mette tanto in crisi la categoria di creazione, quanto la sua immagine greca secondo cui ogni essere di questo mondo avrebbe una sua finalità intrinseca. E visto che il cosmo stesso ha una storia, ma non necessariamente una finalità, diventa difficile affermare che Dio abbia inserito nel mondo una finalità che l’essere umano deve rispettare.
La seconda sfida è di tipo morale: se questa finalità non è insita nella naturalità dei fenomeni, allora significa che tutto è nelle nostre mani.
Terza sfida: il rimprovero che ci viene rivolto dalla crisi ecologica dei nostri giorni, dovuta all’arroganza di coloro che si rifanno alla pretesa del dominium terrae (Gen 1,28).
Il relatore cerca, poi, di esplorare questo tipo di rimprovero per capire in che misura è giustificato e in quale no.
In seguito riflette sul dominio dell’essere umano sulle forme di vita, compresa quella umana.
In fondo alcune chiese - soprattutto quella cattolica - hanno reagito riaffermando una specie di sacralità nerente alla vita stessa.
Altre chiese hanno cercato un accomodamento più dinamico, ma anch’esse hanno faticato a formulare criteri di scelta responsabile.
Ha concluso in termini paradossali: non ci possiamo sottrarre alla responsabilità di dover decidere (non è possibile un quietismo cristiano) che abbiamo in comune con tutti gli altri esseri umani.
Quindi, pur credendo che Dio è creatore del mondo, noi esseri umani siamo soli nel mondo senza ricette di Dio: “non abbiamo altre mani che le nostre; c’è la tentazione di pensare che, per non avere le mani sporche, non facciamo niente per non sporcarle”.
Il cristiano è chiamato ad abitare questo paradosso: da una parte ad essere coscienti delle nostre impossibilità e, dall’altra, il fatto che dobbiamo agire.