Il tema Le parole nuove dell’ecumenismo: ecumenismo ricettivo, discernimento, mutua affidabilità è stato trattato da:
Panaghiotis Yfantis, Fulvio Ferrario Placido Sgroi
Panaghiotis Yfantis (Università “Aristotele” di Salonicco / ISE Venezia) ha illustrato l’ecumenismo ricettivo dal punto di vista ortodosso. L’Ortodossia riconosce la Tradizione come un elemento permanente ed essenziale della sua identità e testimonianza, ha detto Yfantis.
Amare la tradizione significa mettere in evidenza, approfondire, ma anche aggiornare e ricreare, l’esperienza del passato per trovare risposte per le questioni di ogni epoca, come quella dell’unità ecumenica oggi. La teologia ortodossa odierna parla del Dio triadico della Bibbia in termini di accoglienza e di ospitalità del totalmente Altro e di qualsiasi altro. Così, l’ecumenismo ricettivo è un’invocazione continua del Paraclito ossia un rapporto rinnovato con Dio, che permetterà alle chiese di cambiare per trovarsi insieme e ascoltarsi l’un l’altra o anche tacere per lasciare all’altra la possibilità di dire quello che ha da dirmi. Questo però non significa che ogni Chiesa debba cambiare il contenuto della sua testimonianza per essere accolto, ma trovare tutti i modi che renderanno la sua testimonianza feconda ed efficace, ossia capace di dare risposte concrete ai bisogni ugualmente concreti dei suoi interlocutori. La sfida o anzi il dovere dell’Ortodossia di oggi è intendere e vivere il dialogo non come un semplice strumento, ma come una vera e propria meta spirituale.
“Siamo alla ricerca di “parola nuove” dell’ecumenismo? Come mai? – si è chiesto Fulvio Ferrario (Decano, Facoltà Valdese di Teologia, Roma). Forse perché alcune di quelle “vecchie”, come “comunione ecclesiale” e “unità della Chiesa” appaiono, al momento, fuori portata. Vale la pena comprenderne le ragioni. Intanto, va rilevato che queste ultime sono asimmetriche: sono cioè la Chiesa cattolica e quella ortodossa che, oggi, ritengono impossibile una comunione ecclesiale con le Chiese evangeliche. Per queste ultime, invece, sussistono già ora le condizioni di una diversità autenticamente riconciliata e da vivere nella comunione.
Le ragioni della posizione cattolica e ortodossa sono essenzialmente due.
- a) La prima è ecclesiologica. Si ritiene che la modalità con la quale il servizio dell’episkopé, cioè del ministero di sovrintendenza nella chiesa, è esercitato nel protestantesimo non si collochi nell’autentica “successione apostolica”. L’intervento sostiene che questo tipo di dissenso non giustifica la divisione tra le Chiese: esso esprime invece un’ossessione clericale per questioni di struttura ministeriale della Chiesa, assai poco rilevanti per l’annuncio dell’evangelo oggi.
b) La seconda obiezione è di carattere etico. Le Chiese evangeliche, cioè, assumerebbero, soprattutto in ambito bioetico e di morale sessuale, posizioni contrarie al dato biblico e alla tradizione. La critica dev’essere adeguatamente precisata, in quanto a volte sembra negare che le posizioni evangeliche si collochino all’interno di una ricerca di fedeltà a Cristo. Essa richiede però, da parte delle Chiese protestanti, un esame attento e spregiudicato.
In conclusione, potrebbe effettivamente darsi che dietro il dissenso sull’etica si celi l’esigenza di confrontarsi su che cosa significhi annunciare Cristo oggi. In questa zona si collocano alcune sfide decisive del dialogo ecumenico.
La “reciproca affidabilità / responsabilità” (Mutual Accontability - MA) delle Chiese – ha sottolineato Placido Sgroi (vice preside Istituto Studi Ecumenici San Bernardino, Venezia) è un concetto che pur apparso già negli anni '90 del secolo scorso, all'interno del “linguaggio ecumenico”, mantiene intatto il suo carattere attuale, in parte perché esso ha un carattere pratico, che richiede una messa in atto, quindi un processo di concreta acquisizione, in parte perché tale “attitudine” non e' certamente ancora stata raggiunta.
L'attitudine è qualcosa che esprime il legame che le chiese hanno l'una con l'altra e, insieme, con la Chiesa di Gesù Cristo, che tutte ritengono di rappresentare.
Proprio il carattere pratico della MA fa sorgere più interrogativi: le Chiese si ritengono reciprocamente affidabili? Si sentono responsabili le une verso le altre per le scelte che fanno al loro interno? O ciascuna procede, di fatto, in una sorta di isolamento effettivo, che sembra essere più segno di solitudine che non di solidità? Temi delicati come l'etica sessuale e l'ordinazione delle donne fanno riscontro ai limiti della MA. Ma questo non porta a rinunciare al suo tratto profetico, quanto piuttosto a chiedere a ciascuna Chiesa di interrogare il proprio inconscio collettivo, per individuare quelle zone d'ombra che le impediscono di vedere nell'altra Chiesa una manifestazione del volto di Cristo, e quindi per purificare il proprio sguardo.
È seguito un ampio, appassionato dibattito.