Lunedì 19 Febbraio alle ore 18.00, nell’Aula Magna dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di RC si svolto un atteso incontro, organizzato insieme dall’ISSR, la Caritas Diocesana ed il gruppo locale del SAE, che ha visto la partecipazione di numerose persone, qui convenute per ascoltare la testimonianza molto coinvolgente di una coppia di sposi della nostra Diocesi, che da diversi anni operano come volontari in Africa.
Tito e Nunziella Squillaci sono di Bova Marina e hanno fatto esperienze di volontariato fin da giovanissimi. Tito è medico, già pediatra ospedaliero, attualmente in pensione, Nunziella è insegnate di religione cattolica, tutt’ora in servizio. Nel campo internazionale hanno operato in Albania, in Sierra Leone, in Malawi, ma soprattutto in Uganda, dove hanno trascorso alcuni anni e dove attualmente collaborano con la missione dei padri comboniani di Kalongo e con il “Dr Ambrosoli Memorial Hospital”, un ospedale missionario fondato da padre Giuseppe Ambrosoli, proclamato beato il 20 novembre 2022. A Kalongo Tito ha trascorso 27 mesi negli anni 80 e, insieme a Nunziella, un altro anno dal 2017 al 2018. Dall’anno successivo vi trascorrono circa 5-6 mesi l’anno. Tito lavora presso l’ospedale, nei reparti di pediatria e neonatologia, mentre Nunziella ha realizzato delle case-famiglia nelle quali vengono ospitati bambine e bambini con disabilità motoria, che hanno così la possibilità di frequentare la scuola e ricevere tutte le cure mediche richieste dalle loro condizioni.
Profondamente incisiva e ampliamente documentata, la prima relazione di Tito Squillaci non si è limitata a presentare la situazione di povertà, precarietà e le urgenze continue delle persone a cui l’ospedale cerca di rispondere (e basterebbe qualche finanziamento in più per salvare le vite di molti bambini!), ma ne ha evidenziato le cause, sia di natura endogena, che esogena, soprattutto dovute alla guerra (che non produce soltanto un gran numero di morti, ma anche di sfollati, poveri, analfabeti, traumatizzati, menomati…) e all’economia di sfruttamento, perpetrata dalle nazioni ricche. Con un’espressione molto efficace il dott. Squillaci ha stigmatizzato tutto ciò: “smettiamola di rubare in casa loro”.
Cosa fare per aiutarli? Bisogna incidere sulle cause strutturali, andando altre la politica degli aiuti umanitari (seppur ancora necessari). Insomma: “non darmi soltanto un pesce ma aiutami a pescare”. Bisogna incidere sulle cause strutturali. A livello geopolitico, certamente: ad esempio abolendo il debito estero e introducendo la Tobin tax (che potrebbe procurare 166 miliardi di dollari all’anno per lo sviluppo), ma anche con interventi mirati che tutti possiamo fare, o almeno, a cui possiamo contribuire, come attraverso il sostegno alla finanza etica.
Ecco allora che la toccante testimonianza di Nunziella ci ha fatto vedere un esempio molto concreto, attraverso il racconto delle iniziative realizzate in questi anni. Andando a Kalongo, dapprima in supporto all’attività ospedaliera di suo marito, si è subito resa conto di come i bambini disabili non hanno speranza di futuro: per aiutarli, oltre alle necessarie cure mediche, bisogna farli studiare. Ma come fanno ad andare a scuola? Bisogna costruire per loro una casa accanto ai locali scolastici. Grazie alla Provvidenza (che è giunta spesso in modo sorprendente), Nunziella ha fatto costruire una prima casa famiglia per bambine, poi un’altra per bambini, poi ancora una quarta ed una quinta per le scuole superiori. Il tutto è affidato (come proprietà e gestione) ai padri comboniani, mentre per il loro mantenimento provvedono le adozioni a distanza.
Quanto siano incisivi nella cultura locale interventi di questo tipo lo dimostra un ringraziamento un po’ originale ricevuto da una persona del posto: “grazie, non solo per quello che avete fatto per i nostri figli disabili, ma perché prima pensavamo che erano da buttare, mentre ora abbiamo capito che sono dono di Dio”. Dono di Dio, certo, come traspare dal sorriso di Akech, una bambina idrocefala che Tito e Nunziella hanno portato in Italia per farla operare a Firenze, salvandole la vita, e che alcuni di noi hanno avuto la gioia di poter conoscere…
Grazie Tito e Nunziella, perché, attraverso di voi, è la nostra Diocesi che opera lì a Kalongo – come sottolinea Maria Angela Ambrogio, Direttrice della Caritas. E aggiunge don Nino Russo (responsabile ambito Mondialità): “voi avete aperto una filiale della Banca della Provvidenza” e siete un segno di speranza anche per noi. Ognuno, infatti, secondo le proprie modalità e possibilità, può scegliere di accogliere quella chiamata che, come un sussurro di Dio, ci spinge ad essere con voi come Chiesa locale in questo progetto che viene da Lui.
Daniele Fortuna