Care socie e cari soci,
questa mia ultima lettera da presidente è già “in uscita”, vale a dire vi parlo come semplice socio. Lo faccio per avanzare una proposta che, secondo il mio modo di vedere, dovrebbe essere sottoposta all'assemblea della prossima primavera.
Come tutti sapete, la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani termina il 25 gennaio; secondo il rito cattolico quel giorno è dedicato alla festa della Conversione di San Paolo. Cosa significa in questo caso «conversione»? La precomprensione comune è che Paolo cessi di essere ebreo per diventare cristiano. Un'idea ormai inaccettabile per chiunque legga senza pregiudizi i testi. Paolo si è sempre considerato ebreo. A dirlo apertamente è lui stesso (cfr. Filippesi 3,5-6). Nel recente Colloquio ebraico-cristiano di Camaldoli sono state presentate, in anteprima, alcune schede (destinate in primis, ma non esclusivamente, agli insegnanti di religione cattolica), elaborate congiuntamente dalla CEI e dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane, una di esse è dedicata a Paolo ebreo.
Per il SAE, lo sappiamo, l'ecumenismo parte dal dialogo ebraico-cristiano. Inoltre è caratteristica condivisa da ogni forma di ecumenismo non esigere il passaggio da una confessione a un'altra. Terminare la SPUC sottolineando, sia pure indirettamente, la dimensione della conversione è quindi doppiamente improprio. Colto in questa luce, il mutamento del titolo della festa non riguarderebbe solo i cattolici.
«Conversione» potrebbe anche significare tornare sulla retta via dopo un lungo sviamento («conversione dei peccatori»); tuttavia, per sua stessa testimonianza, Paolo, cambiò vita non a motivo di un pentimento personale bensì in ragione di una chiamata di stile profetico rivoltagli direttamente da Dio quando gli rivelò «il Figlio suo» (Galati 1, 11-15).
La mia proposta, rivolta alla prossima presidente, al prossimo CE, alle socie e ai soci e al gruppo teologico SAE è di elaborare un testo, da approvare in assemblea, che chieda alla Congregazione per il culto divino di mutare ufficialmente la formulazione «Conversione di San Paolo» in «Vocazione di San Paolo». L'appello, prima di essere inviato alla Congregazione, dovrebbe essere aperto alla sottoscrizione di altre associazioni e persone che ne condividano l'intento. La probabilità che la proposta sia accolta è assai scarsa, i segni però vanno posti per tempo.
Un pensiero conclusivo rivolto al primo presepe. Cosa avvenne a Greccio? Fu, semplicemente, celebrata una messa in una stalla. Il diacono Francesco proclamò il Vangelo, il presbitero celebrò l'eucarestia (Tommaso da Celano, Vita prima, 85-86; FF, 467-470). Il mio augurio in questo Natale è che la comune “stalla” di tutti i credenti in Gesù Cristo nostro Signore sia presto quella di una generale e condivisa ospitalità eucaristica e che, ovunque, il Vangelo sia proclamato e commentato in virtù del comune sacerdozio battesimale.
Piero